O Dio, Signore del mondo,
che prometti il tuo regno ai poveri e agli oppressi
e resisti ai potenti e ai superbi,
concedi alla tua Chiesa di vivere
secondo lo spirito delle beatitudini
proclamate da Gesù Cristo, tuo Figlio.
Questa Colletta inizia con un’invocazione dal sapore biblico, che riecheggia le parole di Maria nel Magnificat. Dio resiste ai superbi, promette il suo regno ai poveri. “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, benedetto l’uomo che confida nel Signore” ammonisce Geremia nella prima lettura. Il Vangelo (Lc 6,20-26) accosta quattro beatitudini ad altrettanti “guai” e ritma il discorso con il pronome “voi”. Queste due categorie di persone – da una parte i poveri, gli affamati, gli afflitti, i perseguitati, dall’altra i ricchi, i gaudenti, i sazi, quelli che sono adulati – esistono come due poli presenti nella società, ma anche come due facce della stessa medaglia che portiamo nel cuore. Allora le beatitudini sono non la promessa di una rivincita futura per un presente deludente, ma piuttosto l’invito al combattimento spirituale per rivestirci di Cristo e nutrire i suoi stessi sentimenti. Contenti oppure nei guai ci troviamo nella misura in cui ci apriamo al Signore oppure cadiamo nella trappola illusoria dell’autosufficienza.
Il Maestro ha vissuto per primo le beatitudini: i discepoli sono chiamati a farle trasparire nelle scelte quotidiane. Infatti se nella lingua corrente si dice “beato” chi sembra aver raggiunto una meta che lo appaga, nella Bibbia il termine indica il destinatario della salvezza, quindi “amato da Dio”. Lasciamoci amare dal Signore! Nell’Eucaristia sperimentiamo la beatitudine di diventare una cosa sola con Lui: “Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”. Quale dono può renderci più felici?
Sr. M. Rosangela Bruzzone
Beati voi
O Dio, Signore del mondo,
che prometti il tuo regno ai poveri e agli oppressi
e resisti ai potenti e ai superbi,
concedi alla tua Chiesa di vivere
secondo lo spirito delle beatitudini
proclamate da Gesù Cristo, tuo Figlio.
Questa Colletta inizia con un’invocazione dal sapore biblico, che riecheggia le parole di Maria nel Magnificat. Dio resiste ai superbi, promette il suo regno ai poveri. “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, benedetto l’uomo che confida nel Signore” ammonisce Geremia nella prima lettura. Il Vangelo (Lc 6,20-26) accosta quattro beatitudini ad altrettanti “guai” e ritma il discorso con il pronome “voi”. Queste due categorie di persone – da una parte i poveri, gli affamati, gli afflitti, i perseguitati, dall’altra i ricchi, i gaudenti, i sazi, quelli che sono adulati – esistono come due poli presenti nella società, ma anche come due facce della stessa medaglia che portiamo nel cuore. Allora le beatitudini sono non la promessa di una rivincita futura per un presente deludente, ma piuttosto l’invito al combattimento spirituale per rivestirci di Cristo e nutrire i suoi stessi sentimenti. Contenti oppure nei guai ci troviamo nella misura in cui ci apriamo al Signore oppure cadiamo nella trappola illusoria dell’autosufficienza.
Il Maestro ha vissuto per primo le beatitudini: i discepoli sono chiamati a farle trasparire nelle scelte quotidiane. Infatti se nella lingua corrente si dice “beato” chi sembra aver raggiunto una meta che lo appaga, nella Bibbia il termine indica il destinatario della salvezza, quindi “amato da Dio”. Lasciamoci amare dal Signore! Nell’Eucaristia sperimentiamo la beatitudine di diventare una cosa sola con Lui: “Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”. Quale dono può renderci più felici?
Sr. M. Rosangela Bruzzone