O Padre, fonte della luce,
vinci l’incredulità dei nostri cuori,
perché riconosciamo la tua gloria
nell’umiliazione del tuo Figlio,
e nella nostra debolezza
sperimentiamo la potenza della sua risurrezione.
“I nostri occhi sono rivolti al Signore” ripetiamo oggi nel salmo responsoriale. Puntiamo l’attenzione sulla sua identità per tirarci fuori dai pregiudizi superficiali e andare verso la luce, verso la conversione. “Chi è costui?” si chiedono gli abitanti di Nazareth. È la domanda fondamentale che attraversa tutto il Vangelo di Marco. Il ritorno di Gesù nel suo villaggio nativo è un fallimento, che Egli esplicita citando un proverbio: “Nessuno è profeta in patria”. Lo “scandalo”, cioè l’ostacolo a credere, deriva dall’incapacità di accogliere l’inviato dall’alto in quel falegname cosi familiarmente conosciuto. Dio ha creato tutto dal nulla ed è nato da una Vergine, ma sa farsi presente sotto apparenze comuni: attraverso la Parola, un po’ di pane e di vino, l’incontro con i fratelli … Se cerchiamo Dio fra le costellazioni dei cieli lo troviamo chino a lavare i piedi degli apostoli.
Nella prima lettura Ezechiele si rivolge a “figli testardi e dal cuore indurito”: ma pur sempre figli! Che lo Spirito tolga il velo che forse c’impedisce di riconoscere nell’umiliazione del Verbo fatto carne la gloria segreta della sua divinità. Che possiamo comprendere come san Paolo che dalla croce è scaturita la vera fecondità: lì si è espressa al massimo grado la potenza infinita di Dio, l’Amore. In ogni nostra debolezza “ci basta la grazia” del Signore: Lui ci dà la forza di per accettare e superare le avversità. In comunione con Lui crocifisso e risorto la sofferenza viene trasfigurata e diventa via di salvezza.
Sr. M. Rosangela Bruzzone