O Padre, che nel tuo Figlio povero e crocifisso
ci fai ricchi del dono della tua stessa vita,
rinvigorisci la nostra fede,
perché nell’incontro con lui
sperimentiamo ogni giorno
la sua vivificante potenza.
In questa Colletta colpisce l’antitesi: una povertà che arricchisce, una morte in croce che dona la vita. Nel Vangelo infatti contempliamo Cristo che agisce come Re sovrano strappando la morte al regno del male. Lo introduce la solenne proclamazione della prima lettura: “Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità” (Sap 2,23). Se non viene da Dio, la morte da dove viene? Il tentatore ha istigato al peccato il primo uomo e con il peccato anche la morte è entrata nel mondo. A Gesù la morte incuteva paura e repulsione, ma l’ha accettata, l’ha fatta propria perché l’umanità riconciliata potesse far propria la sua vita divina. Così la morte, che distrugge il corpo, ed il peccato, che distrugge l’anima, sono stati annientati per sempre.
La pagina di Marco (5,21-43) presenta due casi disperati: il decesso della figlia adolescente di Giairo e l’impurità legale della donna emorroissa, malata da dodici anni. Ma la fede ottiene il miracolo. Si può rinascere solo quando si accetta il proprio limite e ci si rivolge a Chi è la sorgente della vita. L’incontro con il Signore nell’ascolto della sua Parola e nel “tocco” dei sacramenti ci libera da ogni paura. Il contrario della paura non è il coraggio, che ci fa rimanere in noi stessi, ma la fede, che ci apre alla vivificante potenza di Gesù. Sentiamo rivolte a noi le parole del Maestro alla donna che sfidò la legge per sfiorargli il mantello: “Sii guarita dal tuo male” e quelle alla bambina ormai defunta: “Talità kum”.
Sr. M. Rosangela Bruzzone