O Padre, che per amore
continuamente crei e rinnovi il mondo,
donaci la gioia di un cuore libero e pacificato,
capace di amare te sopra ogni cosa
e il prossimo come noi stessi.
Nel Vangelo i farisei cercano di mettere in difficoltà Gesù con una domanda: “qual è il grande comandamento?”. Presuppongono che sia quello riguardante Dio. La risposta sorprende: non smentisce questa teologia ma va oltre. Non cita il decalogo, elenca l’amore a Dio e al prossimo. Per il Maestro non c’è nulla da fare: basta semplicemente amare. La sua originalità consiste nell’aver rivelato l’unità di questi due comandamenti e nel fatto che nessuno li ha vissuti così perfettamente come Lui. Il primo comandamento da solo è incompleto: si esaurirebbe nel culto. L’amore al Dio invisibile è autentico se si concretizza nell’amore ai fratelli, ben visibili. Quindi non c’è tanto una gerarchia quanto una reciprocità, come in uno specchio. Interessante il verbo al futuro “amerai”: suona come una promessa, come offerta di senso e di vita. Tu devi amare, tu puoi amare. La tua natura umana è contrassegnata dalla debolezza, ma puoi attingere forza dall’Eucaristia. Solo l’amore crea futuro, perché ha sempre ragione e basta a se stesso, anche quando è misconosciuto o disprezzato. Solo l’amore resta per sempre.
Il realismo dell’amore evangelico ha un riscontro nella prima lettura, dove Dio ordina di tutelare lo straniero, l’orfano, la vedova, il povero. Questa carità non scade a progetto sociale: è dono di grazia, come attesta la seconda lettura. Paolo ricorda ai Tessalonicesi che l’amore è inscindibile dall’incontro personale con Gesù e, attraverso di Lui, nella forza dello Spirito, con il Padre. Facciamo nostra dunque la dichiarazione del salmista: “Ti amo, Signore, mia forza”.
Sr. M. Rosangela Bruzzone