O Padre, che gioisci nell’esaudire
la preghiera concorde dei tuoi figli,
metti in noi un cuore e uno spirito nuovi,
perché sentiamo la vita come il dono più grande
e diventiamo custodi attenti di ogni fratello,
nell’amore che è pienezza di tutta la legge.
Il brano odierno di Matteo è inserito nel discorso “ecclesiale” in cui Gesù insegna lo stile di vita della comunità. Il processo disciplinare nei confronti di un fratello che pecca è ispirato a gradualità, discrezione, rispetto; e fermezza. La Chiesa è una famiglia in cui ogni membro si sente responsabile di tutti gli altri. Anche il profeta Ezechiele nella prima lettura si presenta come una sentinella a servizio del bene comune. La responsabilità va coltivata su due versanti: l’amore fraterno e la correzione vicendevole. Ammonire non significa alzare la voce e puntare il dito. Sa rimproverare chi ama, chi non ama ferisce. Certo occorre tempo: prima si cerca l’incontro personale a tu per tu, poi si chiede l’intervento di due o tre testimoni, infine ci si appella all’assemblea. Solo quando questi tre passi si sono rivelati impercorribili si ricorre all’esclusione, Ma pur scontrandosi con il muro del rifiuto qualcosa si può e si deve fare sempre: pregare insieme. Perché la misericordia supera la giustizia. Si tratta di accordarsi, in sinfonia, per trovare nel nome di Gesù il punto di superamento delle tensioni. Non è semplicemente l’unione che fa la forza: è la fede animata dalla carità che rende incisiva la richiesta. Nella seconda lettura san Paolo spiega ai Romani che l’amore è un debito che non si estingue mai: sa di eternità!
Sr. M. Rosangela Bruzzone