Infondi in noi, o Padre,
la sapienza e la forza del tuo Spirito,
perché camminiamo con Cristo sulla via della croce,
pronti a far dono della nostra vita
per manifestare al mondo la speranza del tuo regno.
Oggi il Maestro ci chiede di prendere sul serio le esigenze del Vangelo, anche quando ciò comporta sacrificio e fatica. “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me”. Lessico per noi poco familiare, pretesa inaudita! Parole forti, se la forza degli affetti è la prima felicità di questa vita. Ma il Signore non la limita: la potenzia, liberandola da quei ricatti e legami che rallentano o impediscono la sequela. Alla sua volontà non bisogna preferire nulla e nessuno. Questo discernimento ha un nome: “prendere la propria croce”. La croce fa paura, ma con Gesù non dobbiamo temere. Lui non vuole che passiamo l’esistenza a soffrire, ma che partecipiamo al mistero della sua morte perdendo la vita, lasciandola sfuggire spendendola nell’amore, con generosità e con gioia. Così saremo ricchi di ciò che doniamo. Dove c’è un amore senza limiti c’è pure una vita senza limiti. E c’è la capacità di “accogliere”: verbo scandito sei volte nel brano evangelico. Atteggiamento illustrato nella prima lettura (in cui il profeta Eliseo è accolto dalla donna di Sunem), che trova il suo apice nella seconda: grazie al Battesimo, dice Paolo ai Romani, Gesù diventa “ospite” del nostro cuore, se ci apriamo al dono della vita nuova nello Spirito.
Sr. M. Rosangela Bruzzone