Nove “guariti”, uno “salvato”
O Dio, che nel tuo Figlio
liberi l’uomo dal male che lo opprime
e gli mostri la via della salvezza,
donaci la salute del corpo e il vigore dello spirito,
affinché, rinnovati dall’incontro con la tua Parola,
possiamo renderti gloria con la nostra vita.
La liturgia di questa Domenica si sofferma sulle figure di due lebbrosi, entrambi stranieri, Naaman il Siro, “guarito” da Elia e il lebbroso samaritano “salvato” da Gesù. Il ricordo, la memoria, sono necessari per poter essere grati. Nessuno può essere grato a un altro se non ha mai fatto esperienza della sua benevolenza. Fare memoria e rendere grazie rappresentano elementi caratteristici della religione giudaica e trovano nel mistero pasquale il loro compimento ultimo e definitivo. Un grazie trasforma un’intera esistenza, porta guarigione e salvezza. Un grazie è l’incontro che rende Dio vicino. Una persona grata è grata in ogni circostanza. L’Eucaristia diventa il modello paradigmatico dell’incontro tra noi, lebbrosi, e il Maestro. Fare memoria, prostrarsi, ringraziare: sono tutti gli elementi presenti nella celebrazione eucaristica, dove il Signore Gesù si fa presente, passa sui nostri confini e ci offre la comunione con Lui, il dono più grande!
Nel cammino della vita spesso è necessario tornare indietro. Lodare Dio per tutto ciò che è stato, perché i nostri dolori sono strada e bussola per incontrare Dio. Dio non è più il grande assente: Lui ci ha visto da lontano, ha udito il nostro grido, ha ascoltato, si è fatto vicino, ci ha guarito. Gesù ha guarito il lebbroso ma la sua fede lo ha salvato dal ripiegamento autoreferenziale, dalla cecità di chi non vede altro che se stesso e il proprio interesse. Ogni giorno è per noi un dono dell’amore di Dio in Gesù Cristo! La fede si misura con la capacità di fare un’esperienza di profonda guarigione interiore, guarigione che nasce dall’incontro con Cristo.
Sr. M. Lidia Natsuko Awoki, pddm