O Padre, che conforti i poveri e i sofferenti
e tendi l’orecchio ai giusti che ti invocano,
assisti la tua Chiesa che annuncia il Vangelo della croce,
perché creda con il cuore e confessi con le opere
che Gesù è il Messia.
Oggi leggiamo un punto di svolta nel Vangelo di Marco: Gesù sta per avviarsi verso Gerusalemme e comincia a preparare i discepoli allo scandalo della croce. “Voi, chi dite che io sia?”. Pietro risponde: “Tu sei il Cristo” (Mc 8,29). Dice bene: è l’Unto inviato dal Signore. Ma non accetta l’idea di un Messia sofferente, quello profetizzato da Isaia che non sottrae la faccia agli insulti e agli sputi (cf prima lettura). Pietro ragiona ancora alla maniera umana: bisogna sempre vincere, mai essere sconfitti. Il Maestro lo chiama “Satana” perché vorrebbe allontanarlo dalla volontà di Dio, da Lui accolta nella libertà. Ci sconcerta che la passione e morte del Figlio rientrino nel progetto del Padre. Il fine non è la croce, ma la resurrezione. Tuttavia il mistero rimane. Il dono dello Spirito farà capire che fra la croce e la gloria non c’è contrasto né frattura, bensì continuità. Aprirsi alla fede non significa cautelarsi da possibili fallimenti. Implica mettersi in cammino “dietro” a Gesù, seguirlo in un rapporto fiducioso che si lascia condurre dove Lui desidera.
La Chiesa annuncia il Vangelo della croce perché sa che questa è il riassunto dell’intera vita di Cristo, la sua lucida follia d’amore. Che anche per noi, come per san Paolo “non ci sia altro vanto che nella croce del Signore” (cf Gal 6,14, versetto alleluiatico). Perché è la nostra ancora di salvezza, la nostra unica speranza!
Sr. M. Rosangela Bruzzone