O Dio, che ami la giustizia e ci avvolgi di perdono,
crea in noi un cuore puro a immagine del tuo Figlio,
un cuore più grande di ogni offesa,
più luminoso di ogni ombra,
per ricordare al mondo il tuo amore senza misura.
Il Vangelo di oggi c’invita a contemplare il volto di Dio che risplende nel re della parabola “dei due creditori”, Lo spunto è dato a Gesù dalla domanda di Pietro: “Quante volte dovrò perdonare? Fino a sette volte?”. È la voce della coscienza che vuol sentirsi a posto. Ma il Maestro non alza l’asticella della morale: annuncia che l’amore di Dio non ha misura. Nella prima scena del racconto il re condona un’enorme cifra ad un servo; nella seconda costui manda in prigione un suo compagno, debitore di una cifra irrisoria; nella terza altri servi sdegnati denunciano l’ingiustizia ed il re reagisce severamente.
Ecco il messaggio: la richiesta di perdono a Dio è credibile se accompagnata dalla disponibilità al perdono fraterno. Il primo passo è identificarci in quel servo al quale è stato condonato il debito inestinguibile: abbiamo ricevuto la vita e la libertà ma non ne abbiamo fatto buon uso. Quindi, perché perdonare, se è così difficile? Semplice: perché così fa il Signore. Perché, rammenta san Paolo ai Romani, “Nessuno vive per se stesso”: ciò che conta è appartenere a Cristo. La forza di perdonare gli altri ci verrà dalla gratitudine per la misericordia di Dio, dalla memoria del suo perdono (nella prima lettura risuona per tre volte l’imperativo “Ricordati”). La coscienza di una salvezza immeritata trasformerà le nostre relazioni: il sole non tramonterà sulla nostra ira, si aprirà per noi un futuro di pace.
Sr. M. Rosangela Bruzzone