«Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».»
(Lc 10, 37)
Padre misericordioso,
che nel comandamento dell’amore
hai portato a compimento la legge e i profeti,
donaci un cuore capace di misericordia
affinché, a immagine del tuo Figlio,
ci prendiamo cura dei fratelli
che sono nel bisogno e nella sofferenza.
«Chi è il mio prossimo?». Per gli ebrei il termine “prossimo” indica gli appartenenti al popolo d’Israele. Per l’antica concezione biblica e giudaica è il connazionale, membro della comunità credente, che osserva la legge. Accanto all’uomo senza nome, ferito dai briganti, passano un sacerdote e un levita, «uomini religiosi, di osservanza religiosa», che conoscono bene la Legge, servono Dio nel tempio, insegnano a distinguere il bene dal male, ma considerano la purità legale più importante della vita di un fratello.
Un samaritano, considerato un eretico, un peccatore odiato si fa prossimo dello sfortunato, mette tutto da parte, si avvicina all’uomo «mezzo morto». Si fa prossimo, prendendosi cura di lui: gli medica le ferite, lo carica sulla sua cavalcatura e lo conduce a una locanda: qui dà istruzioni all’albergatore, impegnandosi a pagare di tasca propria le spese del suo soggiorno. Il verbo ebbe compassione è lo stesso usato nella Bibbia per esprimere la compassione di Dio per tutti, specie per i deboli e per i poveri. È il sentimento attribuito a Gesù nei confronti di chi soffre e ha bisogno di aiuto.
Gesù, con il suo agire, mostra un amore che è eco dell’amore di Dio, di come Dio agisce nei confronti del peccatore, comportamento ora manifestato in Gesù. Gesù scegliendo un samaritano fa crollare tutti i motivi religiosi o nazionali. Abolisce ogni restrizione al concetto di prossimo: il prossimo è ogni uomo, ogni donna al quale ci si fa prossimi. Gesù ci fa entrare in questa prospettiva con una metafora capace di stupire.
Sr. M. Lidia Natsuko Awoki, pddm