O Dio, che ti riveli ai piccoli
e doni ai poveri l’eredità del tuo regno,
rendici miti e umili di cuore,
a imitazione di Cristo tuo Figlio,
perché, portando con lui il giogo soave della croce,
annunciamo al mondo la gioia che viene da te.
Il Vangelo di oggi registra uno di quegli slanci improvvisi che accendono il cuore di Gesù: loda il Padre perché il suo disegno di salvezza non si arresta di fronte al rifiuto (chi si sente potente non ha bisogno di nulla) ma si rivolge ai piccoli, che accolgono il dono. Segue un’affermazione straordinaria, che apre uno squarcio sulla sua relazione d’intimità con Dio: “nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”. Per partecipare alla vita divina i discepoli devono passare attraverso di Lui. Alla sua scuola imparano l’alfabeto dell’amore, la libertà e la pace del cuore: Chi se non il Maestro può affermare: “Io sono mite ed umile”? Come Messia cavalca non un focoso destriero, ma un umile asinello (secondo la profezia di Zaccaria, visione di pace) e prescrive solo ciò di cui Egli stesso si è fatto carico, interpreta la Legge con la sua vita. I precetti donati sul Sinai si erano trasformati in pesanti fardelli imposti da scribi e farisei sulle spalle della gente; il suo giogo invece è dolce, non disgiunge mai la verità dalla carità. Con questa “rivoluzione della tenerezza” possiamo rendere più umane e più belle le nostre giornate e vivere già ora la beatitudine dei miti da Lui promessa. La gioia che, secondo san Paolo, viene non dalla “carne” ma dallo Spirito.
Sr. M. Rosangela Bruzzone